R.I.VE.: l’importanza del tappo a fungo

PORDENONE – Quanto i vini spumanti abbiano conquistato i consumatori di tutto il mondo è un fenomeno ormai risaputo; lo Champagne francese ed il Prosecco italiano guidano ormai da anni il mercato mondiale delle famigerate “bollicine”. Centinaia di milioni di bottiglie prodotte che raggiungono ogni paese del mondo per essere stappate nei momenti di festa, ma anche per essere sapientemente abbinate a piatti prestigiosi.

Al di là del vino, sia esso prodotto con il metodo Champenoise oppure con il sistema delle autoclavi o Martinotti, oggi a R.I.V.E. Amorim Cork ha tenuto un interessantissimo convegno sull’importanza del tappo a fungo.

Il piccolo pezzetto di sughero che chiude la bottiglia champagnotta, consolida un rapporto millenario con i contenitori utilizzati per la conservazione del vino: Orazio ne cita l’utilizzo su di alcune anfore nel primo secolo a.C., mentre, in maniera sistematica, dal 1600 circa, il suo impiego sulle bottiglie di vetro modificò radicalmente i sistemi di tappatura.

L’origine francese conferma quanto importante sia il vino petillant in Francia e grazie all’intuizione di una donna, la vedova Clicquot Ponsardin, il sistema di tappatura ebbe notevoli migliorie e perfezionamenti.

Il tappo a fungo ha il ruolo fondamentale di contenere il liquido all’interno della bottiglia, ma soprattutto quello di trattenerne il prezioso gas che dà vita al perlage, capace di allietare i palati con sottile pungenza e ammaliare l’occhio con sottili catenelle che risalgono il calice.

Il tappo a fungo è detto in Francia bouchon d’expèdition, ossia, il tappo per la spedizione perché dopo la sua apposizione la bottiglia è pronta per la commercializzazione. E ciò accade nel preciso momento in cui il vino è nelle migliori condizioni di espressività sensoriale, di equilibrio e di maturazione. Dal tappo dipende, dunque, la perfetta conservazione dello spumante nella bottiglia.

Costretto dalla gabbietta che lo “ancora” al collo della bottiglia, il tappo a fungo è sottoposto a notevoli pressioni di spinta verso l’alto, pressioni che si attestano attorno alle 5-6 atmosfere circa e, quindi, il suo corretto inserimento all’interno del collo della bottiglia, ovvero perfettamente perpendicolare, è fondamentale alla tenuta. La forma non regolare della testa del tappo potrebbe denotare un cattivo inserimento, la gabbietta stessa avrebbe un posizionamento alterato e tutto ciò potrebbe causare perdita di pressione o autoespulsione con conseguenti rischi per il consumatore finale.

La conservazione di queste bottiglie a basse temperature contribuisce ad evitare la fuoriuscita eccessiva del gas disciolto nel vino e un’accidentale espulsione del tappo.

Il vino spumante andrà così servito ad una temperatura che generalmente oscilla fra i 6 e i 10 gradi centigradi, procedendo con la corretta gestualità nelle operazioni di stappatura (pollice sempre sopra il tappo sino ad espulsione ultimata) al fine di non incorrere in spiacevoli inconvenienti.

Ricordiamoci infatti che il tappo viene espulso ad una velocità di circa 50 km/h; lasciamolo dunque libero di decollare verso l’alto nelle prossime feste natalizie e di fine anno tenendo la bottiglia ben posizionata in alto, oppure controlliamo la stappatura lasciandone uscire solamente un elegante soffio, metodo forse meno scenografico ma certamente raffinato.

Antonio Lodedo




Condividi