La salita dei tassi indebolisce Wall Street ; correggono i titoli tech e l’oro

MERCATO AZIONARIO

Settimana negativa quella appena terminata per i mercati azionari internazionali, con variazioni in rosso per la generalità degli indici. Una ottava che in realtà è stata caratterizzata anche da movimenti alterni e da un incremento di volatilità, il cui motore è da ritrovarsi a livello intermarket e nella relazione in particolare tra azioni e obbligazioni. Il recente aumento dei rendimenti sui governativi USA ha messo in luce infatti le fragilità in alcuni segmenti dell’azionario, in particolare quello relativo ai titoli growth (tecnologici ma anche di altri settori innovativi).

Le motivazioni sono duplici: in primo luogo per motivi di ‘pricing’ effettivo di aziende o settori, in secondo luogo per una motivazione di torta allocativa. L’aumento dei tassi tende infatti a chiudere (o a ridurre) il gap di rendimento tra titoli azionari e titoli obbligazionari e quindi, in prospettiva, suggerisce a livello di portafoglio di iniziare a far posto, per il futuro, a qualche componente obbligazionaria finora meno considerata per la bassa redditività. Le incertezze e le considerazioni degli investitori per il futuro hanno portato quindi a prese di beneficio sugli indici azionari già nella prima parte della settimana.

Un movimento stoppato, momentaneamente, sia dalle dichiarazioni del Presidente della Fed Jerome Powell sia da un newsflow positivo nell’ambito dell’emergenza Covid. Se dal primo sono arrivate prese di posizione ancora accomodanti in termini di politica monetaria, dal fronte ‘sanitario’ si è registrata l’approvazione, da parte della FDA, del vaccino di Johnson & Johnson, efficace anche con una sola dose. Un altro elemento che si aggiunge alle attuali soluzioni vaccinali e che si innesta in un contesto dove le varianti continuano a far tener alta la guardia nella lotta all’epidemia.

L’indice S&P 500 cede quindi oltre due punti percentuali scendendo sotto i 3.900 punti e abbozzando quindi un moderato storno nel brevissimo. I supporti di breve si attestano in area 3.700 punti, quelli più valenti (e che coincidono con il punto da dove è partita l’ultima ‘gamba’ al rialzo, a quota 3.500. Difficile dire se questi livelli saranno testati o meno, nel caso, comunque, si tratterebbe di un consolidamento che rimarrebbe coerente con l’uptrend primario generato a marzo 2020 e che ha dato vita ad un nuovo impulso rialzista. Un consolidamento utile anche a smorzare alcuni eccessi (sia tecnici, sia nelle valutazioni) presenti su alcune asset azionarie. A tal proposito, si rileva l’effetto più marcato su un indice maggiormente esposto ai settori ‘Growth’ come il Nasdaq (-5%).

La medesima composizione merceologica è l’elemento da osservare per comprendere gli ampi segni meno di alcuni paesi emergenti (Cina, Corea del Sud) ma dello stesso Nikkei. In Europa, invece, i risultati sono stati meno negativi, con il Dax e FTSE Mib in rosso per poco più di un punto percentuale. A livello globale, gli unici settori a rispondere in modo positivo al contesto di mercato sono quelli favoriti da una fase reflattiva o comunque meno sensibili ad essa. Troviamo quindi in vetta alle performance settimanali comparti come l’Energy e i Finanziari. Nuovo spyke dell’indice Vix che si ripresenta nuovamente in area 30, in salita marcata rispetto alla settimana precedente.

MATERIE PRIME

Positivo nel complesso l’andamento delle materie prime grazie al contributo al rialzo offerto dalla componente legata al petrolio. Il WTI Crude Oil si è portato ben sopra i 60 Dollari al barile (top quasi a 64), andamento che non ha fatto altro che incentivare le dinamiche di timori inflattivi già presenti sui mercati. Debole invece l’oro, penalizzato dal repentino calo dei tassi reali: la materia prima scende su minimi di periodo, sotto ai supporti chiave di area 1.770 Dollari l’oncia.

MERCATO OBBLIGAZIONARIO

Il movimento sui tassi è certamente l’elemento di maggior rilievo sui mercati del reddito fisso, con un generalizzato upside in tutte le aree geografiche. Chiaramente sotto osservazione l’andamento del decennale americano che ha vissuto una settimana di forte incremento: rispetto a venerdì scorso l’yield è aumentato di quasi 30 basis point se si considera il top di giovedì a 1,60%. Quest’ultimo un vero e proprio spyke al rialzo che manifesta tutte le dinamiche in corso di cambiamento nell’obbligazionario governativo americano.

Questo movimento è arrivato nonostante le rassicurazioni di Jerome Powell, Presidente della Fed, che in realtà ha cercato di smorzare i toni su un possibile brusco rialzo dell’inflazione. Il problema, in realtà, non risiede tanto in quest’ultima, visto che le aspettative di inflazione avevano già intrapreso un percorso al rialzo: il tasso breakeven 10Y da marzo 2020 si era già spinto fino ad oltre il 2% ma non era stato in realtà seguito da analoghi movimenti sulla curva che si sono concretizzati solo nell’ultimo periodo.

A dare manforte, oltre a tutte le notizie sui vaccini, anche i dati macroeconomici in uscita, in particolare sui beni durevoli e sui sussidi di disoccupazione. Sembra sostanzialmente che in assenza di interventi della FED sulla parte medio lunga della curva, i mercati stiano recuperando quel gap che si è creato con azionario e obbligazionario e che finora era rimasto congelato. Una sorta quindi di risintonizzazione che va anche a stimare qualche intervento sui tassi, diversamente da una guidance Fed che, per il tapering, si orienta verso un tempo molto lontano.

Intanto i tassi reali hanno iniziato a salire: dal top in area -110 basis point si è rapidamente scesi a quota -65, danneggiando le performance di azionario e materie prime preziose. L’effetto di rialzo dei tassi negli USA hanno trascinato verso l’alto tutti i rendimenti dei governativi: quello del Bund decennale, che da qualche settimana, mostrava una certa pressione, ha accelerato il proprio movimento, portandosi in area -0,25%, livelli di inizio 2020.

Che quindi sia un repricing sui tassi lo conferma anche il fatto che sul debito periferico si sono registrate le medesima tendenze: il decennale sul BTP, che fino a poche settimane fa scendeva per effetto dell’insediamento del governo Draghi, ora si riallinea all’andamento generale (yield a 0,76%, +14 bps in una sola settimana). Anche Regno Unito, Svizzera, Canada e Australia confermano questi andamenti che assumono quindi una valenza globale e relativa alla recovery del ciclo economico. Tra gli altri segmenti obbligazionari, debole il corporate ed in particolare quello US dove la le lunghe duration (più ampie, ad esempio, di quelle dell’alto rendimento) hanno amplificato i movimenti sui tassi free risk. In negativo anche i paesi emergenti, sia nella versione Hard Currency che in quella Local Currency.

MERCATO VALUTARIO

In ambito forex, l’Euro ha guadagnato terreno sul Dollaro USA fino a toccare area 1,22 per poi ritracciare sull’onda delle prese di profitto sugli asset rischiosi. Il close a 1,21 non modifica sostanzialmente il quadro tecnico generale. Deboli le valute emergenti (in particolare la Lira turca ed il Real brasiliano). In difficoltà anche il Bitcoin, (indebolito dalle dichiarazioni di autorità monetarie e non): la criptovaluta storna di un 20% dai massimi toccati sopra quota 55.000 Dollari.

Dott. Alessandro Pazzaglia Consulente Finanziario Autonomo www.pazzagliapartners.it




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