Borse su dopo le elezioni USA: Forte recupero dei listini, salgono anche oro ed Euro

MERCATI AZIONARIO

Il sell off visto la precedente settimana e causato dall’espandersi globale della diffusione del Covid-19 ha avuto un inaspettato seguito nell’ottava appena conclusa, con gli indici in forte recupero in tutte le aree geografiche. Quelle che erano tutte le preoccupazioni circa l’impatto dei lockdown decisi dai governi (soprattutto in Europa) hanno lasciato il posto al grande evento atteso per questa settimana, le elezioni negli Stati Uniti.

Anche su questo tema, anche se in misura minore, tra gli operatori di mercato era serpeggiata una forma di prudenza, vista l’incertezza dell’esito elettorale. Misure di controllo del rischio di portafoglio quasi normali nell’attuale contesto di mercato, mentre gli aspetti legati al Covid sono apparsi più concreti, visto che la seconda ondata globale minaccia ‘fisicamente’ la ripresa economica. L’esito elettorale americano, se pur molto incerto fin dalle prime rilevazioni e anche se caratterizzato dall’aizzarsi dei toni tra democratici e repubblicani, ha fin da subito trovato i favori del mercato.

Le spiegazioni ex-post sono state molteplici e sono anche cambiate man mano che le proiezioni davano in vantaggio l’uno o l’altro candidato. Dapprima le borse avrebbero apprezzato una riconferma di Trump, successivamente avrebbero visto con favore anche una presidenza Biden accompagnata però da diversi ‘colori’ tra Camera e Senato. L’esercizio di trovare una spiegazione razionale agli eventi e alle dinamiche di borsa è affascinante ma improduttivo. La difficoltà di intercettare a relazioni causa-effetto di breve è probabilmente dovuta al fatto che i mercati, in questo momento, sono interessati davvero a macro temi più importanti, dove la politica può interferire solo con il rumore delle notizie.

Un complessivo status quo politico, quindi, è ben accetto dagli operatori finanziari, quale sia la formula, con l’importante obbligo di supportare quella ripresa che dopo il crash economico dei primi 6 mesi, si è faticosamente avviata. Una ripresa che poggia ovviamente anche sull’incondizionato supporto delle banche centrali, ormai da diversi mesi impegnate a offrire ampi margini di sicurezza tanto all’equity, tanto al mercato del credito.

Nel momento in cui si scrive, Biden si avvia a diventare il nuovo presidente americano, con Trump, però che non demorde anche dal punto di vista legale. Il ritornare in quota delle borse (S&P 500 settimana scorsa era praticamente a -10% dai massimi) è stato così veemente da riportare gli indici americani vicini ai top di fine agosto. La veemenza del movimento (S&P 500 +7,4%, Nasdaq 100 +9,4%, Dax +8%, FTSE MIB +9,7%) suggerisce, da un lato, di ipotizzare qualche ricopertura frettolosa di chi ha scommesso su una caduta del mercato, dall’altro che i mercati hanno trovato nelle soglie di minimo viste negli ultimi due mesi delle rilevanti dighe tecniche. Ciò non esclude che, nel breve, vi possa essere un nuovo consolidamento, in attesa di capire quando e dove si fermeranno le ‘palline’ dello scacchiere politico americano. La rotazione settoriale per ora ha riportato denaro sui settori principi del 2020 ossia tech, health care e auriferi.

MERCATO MATERIE PRIME

Segni più generalizzati per le materie prime: +1,4% per il basket generale, supportato dal buon andamento di metalli preziosi, metalli industriali ed energy. +3,9% per l’oro, rafforzato dal calo dei tassi reali, ma molto comprati anche palladio, platino e argento. In recupero, dopo la debacle della settimana scorsa, anche il petrolio che ha tentato di riavvicinarsi ad area 39/40, pur chiudendo però ben sotto i massimi settimanali.

 

MERCATO OBBLIGAZIONARIO

Positiva la settimana per il reddito fisso, con i rendimenti che, diversamente dall’azionario, hanno risposto alla lunga telecronaca elettorale con differenti movimenti a seconda delle notizie. Se in un primo, momento, infatti, vi era stata una significativa pressione sui rendimenti del decennale (sfiorata quota 0,95%), nel corso dell’ottava gli yield si sono ridotti progressivamente, fino allo 0,81% finale.

Movimenti di matrice anche speculativa ma che in qualche modo possono essere interpretati come una pausa in quel movimento al rialzo che continua ormai da agosto. Se vi sarà ripresa quindi negli Stati Uniti, sarà presumibilmente lenta nella velocità e moderata nell’intensità e su questo tema è intervenuta anche la Fed, impegnata nel suo meeting periodico. Dal punto di vista della politica monetaria, la Fed ha lasciato invariati i tassi d’interesse, confermando l’impegno ad utilizzare tutti gli strumenti di cui dispone per sostenere l’economia. I rischi che il Covid-19 pone in termini economici sono piuttosto rilevanti, pesando sui livelli di occupazione e sui consumi. Evidente, inoltre, come la seconda ondata abbia interrotto o comunque rallentato il percorso di recupero che si era intravisto negli scorsi mesi e come sia necessario intervenire sul piano fiscale per incentivare e supportare l’attività economica. E’ infatti, sul piano dei redditi che occorre agire, secondo il governatore Powell, un aspetto dove la Fed non può intervenire direttamente. Gli effetti poi si riverberano anche sull’inflazione, indebolita dal trend del prezzo del petrolio che resta su livelli decisamente più bassi rispetto a quelli di inizio anno.

Prese di posizioni comunque di attesa e non poteva che essere così, visto il contesto elettorale in corso. Appare comunque ragionevole pensare che se l’inquilino della Casa Bianca sarà il democratico Biden, vi potrà essere una interazione e un dialogo maggiore rispetto alla presidenza Trump. Il QE intanto continua (120 miliardi al mese, 80 di Treasury e 40 di ABS) e ogni decisione è rimandata a dicembre, quando sono ipotizzabili interventi per rafforzare le misure in corso.

Nella settimana è tornata a farsi sentire anche la Commissione Europea che non ha portato buone nuove per l’economia del Vecchio Continente: prima del 2022 infatti non si riuscirà a tornare ai livelli pre pandemici. Il +4,2% del 2021 e il +3% del 2022 compenseranno appena, infatti, il -7,8% di quest’anno. Intanto i disavanzi pubblici avanzano inesorabili, limitando, di fatto, lo spazio d’azione dei singoli governi: il rapporto debito PIL aggregato dell’area Euro dal 2020 varcherà la soglia del 100%. Debole, infine l’inflazione, che tornerà a galleggiare sopra l’1% dall’anno prossimo, con una previsione, forse ottimistica dell’1,3%, in attesa, ovviamente anche degli effetti del Recovery Fund. La settimana ha portato guadagni sul governativo (grazie al calo dei rendimenti) e buoni upside per emergenti e high yield, micro asset class più correlate con l’equity.

MERCATO VALUTARIO

In ambito forex, si rafforza l’Euro nei confronti del Dollaro USA: la valuta del Vecchio Continente riprende vigore nel post elezioni americane e dai livelli a 1,16 torna con prepotenza verso quota 1,19, nella parte alta del range degli ultimi tre mesi. Tra le altre valute: debole la Sterlina mentre stabile il Franco svizzero. Continua l’ascesa del Bitcoin che con il +15% di questa settimana ha portato il bottino dell’ultimo mese a quasi +50%.

Dott. Alessandro Pazzaglia Consulente finanziario Indipendente – www.pazzagliapartners.it

 




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