I Mercati in attesa della Fed, dopo i dati macro, Wall Street di nuovo vicino ai massimi

MERCATO AZIONARIO

Settimana dai toni complessivamente positivi quella appena conclusa sui mercati azionari internazionali, con i reflation ‘trades’ in diversi casi ancora protagonisti. Da qui alcune differenze negli andamenti delle varie borse: se gli USA hanno chiuso in positivo solo con un recupero sul finale, in Europa i listini del Vecchio Continente sono stati maggiormente capaci di intercettare le dinamiche settoriali in corso. Le preferenze degli investitori ancora si sono infatti diretti verso i comparti con l’etichetta ‘value’, a partire da quello dell’energia favorito dall’exploit del prezzo del petrolio.

L’indice globale avanza quindi moderatamente (+0,6%), frutto del segno più dei settori tradizionali (value, +1%) e di un più moderato upside (+0,3%) di quelli a più alta crescita (growth). Sono tendenze che gli investitori hanno ormai riconosciuto come costanti in questa prima parte del 2021, caratterizzate dalle azioni concrete in termini di vaccinazioni di quote sempre più ampie della popolazione e, conseguentemente, sulle riaperture e normalizzazione di sempre più ambiti di business. Oltre all’energy, positivi anche settori a beta elevato come finanziari, chimica e auto mentre sono stati meno brillanti difensivi come health care, utilities e telecom.

Andamenti legati da una serie di dati macro rilasciati negli USA che in settimana hanno evidenziato la ripresa in corso, alimentando i timori di un aumento dell’inflazione. In realtà l’ultima seduta di borsa ha mischiato un po’ le carte con i dati sui nuovi posti di lavoro (al di sotto delle attese) che hanno in parte invertito le tendenze intermarket, riducendo l’ansia di Wall Street. In generale, comunque, le preoccupazioni dei mercati sono sempre le stesse: un’economia troppo forte potrebbe portare la Fed, che si riunirà a breve, a ridurre le misure di supporto monetaria prima di quanto preventivato, nonostante le dichiarazioni dei vari esponenti del FOMC che hanno sempre avuto un tono di rassicurazione.

In questo contesto, l’indice guida USA S&P 500 chiude l’ottava in leggero progresso (+0,6%), riavvicinandosi all’area dei massimi a quota 4.200-4.230. Un andamento che non deve stupire visto che l’apprezzamento da inizio anno è stato ‘eps-driven’, ossia guidato da un miglioramento tanto degli utili aziendali nel trimestre, quanto delle stime previste per il 2021. Allargando la vista, appare anche chiaro che l’indice USA trova invece i supporti a quota 4.060 come basilari per evitare una fase correttiva maggiore rispetto ai drawdown visti negli ultimi mesi (tra il 4%-5%).

Come detto in Europa le dinamiche sono state positive (indice generale +0,9%), con alcuni listini più tonici rispetto ad altri. La buona performance di energetici e finanziari hanno dato un buon boost al FTSE Mib (+1,6%) ma ha consolidato il suo uptrend anche il Dax (+1,1%) che rimane sopra quota 15.500. Rimane anche il buon tono dei paesi emergenti, in pieno recupero di forza relativa da qualche settimana. Il paniere fa segnare un +1,6%, grazie alla tonicità dei listini russo e brasiliano (+3,2% e +3,6%). L’indice Vix ha ‘ballato’ durante l’ottava ma in close si è riportato sotto quota 17, mostrando quindi una tendenza distensiva.

MATERIE PRIME

In ambito materie prime, dinamiche negative per l’oro (tornato sotto quota 1.900) a causa della marginale risalita dei tassi reali. Sempre bullish il petrolio che tocca i 70 Dollari al barile e confermando l’uptrend positivo in corso. Deboli invece i metalli industriali, che tornano a ripiegare dopo un mini rimbalzo.

MERCATO OBBLIGAZIONARIO

Nel mondo del reddito fisso, differenze di movimento tra i titoli governativi delle diverse aree geografiche, collegate anche alle scelte (attuali e future) delle banche centrali. Qualche elemento di tensione si è visto infatti, nella prima parte della settimana, sui titoli di stato americani, con il rendimenti del decennale che ha intercettato ancora le attese positive sul recupero dell’economia americana e sulle ipotesi di intervento da parte della Federal Reserve. Dopo un top a quota 1,60%, il decennale in realtà, poi, ha ripiegato dopo i dati sul mercato del lavoro, chiudendo su valori più bassi, mostrando maggiore distensione.

Movimenti di breve in realtà non eliminano l’incertezza che si è ormai impadronita del trend di medio termine, con l’yield del decennale ancora intrappolato nel range 1,55% – 1,75%. Risulta credibile che movimenti di mercato non solo a livello obbligazionario ma in ottica anche intermarket possano concretizzarsi con l’uscita da questo box di lateralizzazione. Nel frattempo, l’altra dinamica osservata dagli investitori, ossia le dinamiche di inflazione (10y a 2,42%), non hanno mostrato particolari velleità per il momento, con i tassi reali ancora nettamente negativi (-0,87%). Il mercato attende questa settimana il meeting della Federal Reserve, un incontro particolarmente atteso soprattutto per il ‘wording’ che verrà utilizzato per delineare le prossime strategie di politica monetaria. Sul piatto soprattutto la view sulla possibile riduzione (a partire da una certa data) del quantitativo di titoli di stato acquistati mensilmente e, con meno enfasi, le tempistiche per una revisione degli attuali livelli di costo del denaro. Sebbene l’inflazione di breve sia stata particolarmente impattante, la Fed continua ancora a ritenere improbabile una permanenza dei prezzi su livelli elevati per un tempo durevole.

Durante la settimana, la Fed ha comunicato che prevede di vendere il portafoglio di obbligazioni societarie acquistato durante la pandemia. Il tutto avverrà in modo ordinato, tendendo a minimizzare gli effetti sul mercato, tenendo conto delle condizioni di mercato. Un piccolo intervento, che non impatta ovviamente sulla strategia generale della banca centrale americana. Da annotare anche l’uscita in settimana del Financial Stability Report, che presenta i rischi attualmente più significati per l’economia USA. Citati i fenomeni speculativi già intravisti nel 2021 (ex. con le ‘meme’ stocks e le difficoltà per alcuni hedge funds). Un fenomeno già intravisto in diversi segmenti del mercato e spinto da un appetito per il rischio che rimane alto visti i livelli di liquidità a disposizione. Se negli USA la tendenza è stata altalenante, i governativi della zona Euro hanno visto invece un abbassamento dei rendimenti (sia per l’ambito core che periferico).

Il Bund si è attestato in chiusura in area -0,20% mentre il BTP italiano pari scadenza ha visto il rendimento scendere sotto area 0,90%. Sull’Italia il miglioramento delle stime da parte dell’OSCE, con un incremento di PIL superiore alle attese.

MERCATO VALUTARIO

Per quanto riguarda il mercato forex, il cambio Euro Dollaro si è assestato ancora in area 1,21-1,22, in attesa di direzionalità derivanti dalla riunione della Federal Reserve. Guadagna forza il Real brasiliano mentre continua a perdere terremo la Lira turca. Il Bitcoin rimane volatile: il guadagno settimanale è positivo (+4,5%) ma ben sotto i massimi d’ottava (con i prezzi ancora bloccati da quota 40.000).

Dott. Alessandro Pazzaglia Consulente Finanziario Indipendente mail: [email protected]




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