L’arte di Giovanni Antonio al centro di una spettacolare mostra

MILANO – Secondo una voce che godette di un certo credito tra i contemporanei, Giovanni Antonio de’ Sacchis, questo il suo vero nome – esuberante, sorprendente, eclettico protagonista della stagione artistica della prima metà del Cinquecento, non solo in Friuli e in Veneto ma in un più ampio contesto padano – sarebbe morto avvelenato dal suo eterno rivale, Tiziano, mentre si trovava a Ferrara su richiesta del duca Ercole II, che gli aveva commissionato una serie di cartoni per arazzi.

Di leggenda in realtà si tratta, ma capace di farci percepire da un lato le tensioni e lo spirito di “concorrenza” – per usare un’espressione cara a Vasari – che dovettero caratterizzare il mondo artistico dell’epoca, dall’altro la fama e il valore già allora riconosciuti al Pordenone, in grado di far ingelosire perfino il sommo Tiziano. Era dunque tempo che, a distanza di oltre trent’anni dall’ultima mostra dedicatagli, si organizzasse una nuova rassegna che permettesse non solo di fare il punto degli studi, ma anche di presentare l’artista da un diverso punto di vista: non più egemone in un ambito provinciale, bensì grande tra i grandi del suo tempo.

A promuoverla il Comune di Pordenone, la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia e l’Ente Regionale per il Patrimonio Culturale (ERPAC), con la collaborazione del Mibact – Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del Friuli Venezia Giulia e della Diocesi di Concordia-Pordenone e con il patrocinio dei Comuni di Piacenza e Cremona.

L’evento è stato presentato alla stampa a Milano presso la sede regionale di Palazzo Lombardia il 25 settembre.
Curata da Caterina Furlan e Vittorio Sgarbi, con l’organizzazione generale di Villaggio Globale International, la spettacolare mostra ospitata negli spazi della Galleria d’Arte Moderna/Parco Galvani dal 25 ottobre 2019 a 2 febbraio 2020, permetterà al pubblico di ammirare, accanto a quaranta dipinti e disegni dell’artista, quasi altrettante opere spettanti a esponenti di spicco della pitture veneta e padana del XVI secolo: da Giorgione, Tiziano, Sebastiano del Piombo, Lotto, Romanino a Correggio a Dosso Dossi, Savoldo, Moretto, Schiavone, Bassano, Tintoretto, Amalteo e altri ancora.

Fanno parte integrante del percorso espositivo un cospicuo numero di dipinti conservati in Duomo e presso il Museo Civico di Pordenone, dove sono presentati in un rinnovato allestimento, insieme con una selezione di stampe, libri e documenti d’archivio.
Giovanni Antonio de’ Sacchis, detto il Pordenone
San Rocco tra i santi Girolamo e Sebastiano (part.1), ante 1512 Olio su tavola, cm 143×143 Venezia, Santa Maria della Salute —
Il Rinascimento di
Giovanni Antonio de’ Sacchis, detto il Pordenone
Madonna con il Bambino e i santi Filippo, Giacomo e donatore, 1522 Olio su tela, cm 228×144 Cremona, Cattedrale.

È un “viaggio” affascinante quello proposto al visitatore, non privo di sorprese ed emozioni, perché il Pordenone, senza rinnegare il suo background veneziano, ha saputo assimilare e rielaborare con assoluta originalità gli stimoli provenienti non solo dalla cultura figurativa centro-italiana e in particolare da Michelangelo e Raffaello, ma anche dal mondo d’oltralpe e dall’ambito padano.

Il risultato è una pittura potente, caratterizzata da un vigoroso plasticismo e ricca di effetti illusionistici, che non mancherà di suscitare una vasta eco non solo a Venezia, ma anche in area padana, come emerge dai vari contributi in catalogo (Skira).

Le numerose opere in mostra, comprese imponenti e delicate pale proveniente da chiese e parrocchiali, oltre a scandire il percorso dell’artista (dalla giovanile paletta della sacrestia di Santa Maria della Salute a Venezia, proveniente dal castello di San Salvatore di Collalto, alle fondamentali opere delle chiese di Susegana e Torre di Pordenone, fino alla Madonna e santi della cattedrale di Cremona, su commissione dell’arciprete Giacomo Schizzi) permettono di comprendere appieno il ruolo svolto dal Pordenone nella precoce introduzione in ambito veneto di stilemi provenienti da culture figurative diverse, seguendo gli sviluppi della sua arte. Ma non solo.

Com’è risaputo, egli esercitò un notevole influsso oltre che in Friuli (dominato, dopo la sua morte, dal genero e allievo Pomponio Amalteo), anche su diversi artisti veneziani della generazione successiva, quali Giulio Licinio, Tintoretto, Jacopo Bassano e Giovanni Demio. Senza dimenticare che, stando a Vasari, egli avrebbe insegnato “il buon modo di dipingere ai Cremonesi”.

Con importanti prestiti concessi da vari musei italiani e stranieri, tra cui la Pinacoteca di Brera, il Castello Sforzesco di Milano, le Gallerie dell’Accademia di Venezia, le Gallerie degli Uffizi, il Complesso Monumentale della Pilotta di Parma, il Kunsthistorisches Museum di Vienna, il Louvre di Parigi e il British Museum di Londra, la mostra si è dunque posta un obbiettivo che la differenzia dalle precedenti, del 1939 e del 1984, incentrate esclusivamente sul Pordenone e sull’ambiente friulano: mostrare, attraverso le sue opere più significative, alcune delle quali mai esposte prima in Friuli, un artista in dialogo con alcuni tra i più importanti esponenti nella cultura figurativa del suo tempo.




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