Volatilità a Wall Street; prese di beneficio sui listini azionari, rimbalza il Bitcoin

MERCATO AZIONARIO

Nella settimana appena conclusa è tornato a manifestarsi qualche elemento di volatilità sui principali listini azionari. L’indice Vix, che ne misura il livello sul mercato americano, da area 20/21 di inizio gennaio è infatti ripartito al rialzo, spingendosi verso quota 35/40, ripercorrendo in sostanza quando visto da metà 2020. E’ già la quarta volta, infatti, che uno spyke di volatilità interessa il mercato americano, dopo i precedenti movimenti di giugno, inizio settembre e fine ottobre.

Tutte fasi dove per, motivi diversi, l’indice S&P 500 aveva subito storni tra il 7% ed il 10%, senza però modificare la propria struttura al rialzo, una tendenza nata in sostanza dalle ceneri dei minimi dello scorso marzo. Nell’ultima ottava, dai massimi a quota 3.860 l’S&P ha ritracciato di qualche punto percentuale, restando per il momento ancora nel tracciato della positività che ha marcato il percorso dei mercati da inizio novembre (e ovviamente da marzo in poi).

Poco più, quindi, di 100 punti di storno che hanno coinciso con la sostanziale necessità degli indici di rifiatare dopo una sequenza di rialzi praticamente continua. Diversi gli inneschi nel breve capaci di far scattare le prese di beneficio per una parte degli investitori: da un lato un sentiment sull’emergenza sanitaria che è andato via via peggiorando, soprattutto per l’ormai conclamata diffusione di diverse varianti del Covid-19. Un elemento che rischia di allungare l’orizzonte temporale di risoluzione della pandemia globale, con gli stati che sono alle prese sia con le difficoltà nell’evitare l’aumento esponenziale dei contagi sia con implementazione dei i vaccini delle case farmaceutiche a causa dei ritardi di produzione.

Elementi che stridono ovviamente sia con le aspettative di recupero economico dopo le forti cadute del PIL del 2020, sia soprattutto con i valori espressi dai mercati finanziari, che già hanno incorporato una significativa positività prospettiva (con l’inevitabile innalzamento dei multipli di valutazione). Un monito giunto anche dal FMI, che ha evidenziato il dolceamaro dei tassi ai minimi: bassi costi di finanziamento per le imprese ma, dall’altro, incentivo per gli investitori a prendersi rischi maggiori per ottenere rendimenti prospettici più elevati. Il tutto, con un crescente disallineamento tra l’andamento della finanza globale rispetto al percorso dell’economia reale, quest’ultima però ancora bisognosa di un supporto fondamentale in quanto, come ormai compreso, i vaccini non risolveranno a breve il problema Covid.

La discesa degli indici nella settimana ha colpito sia l’Europa sia gli USA (S&P, Nasdaq, e Stoxx 600 tutti oltre il -3%), e maggiormente l’Asia emergente. In particolare i listini cinesi sono stati presi di mira dalle vendite anche per qualche elemento di tensione verificatasi sui livelli dei tassi overnight repo, con la PBoc costretta ad intervenire con l’iniezione di pronta liquidità. A livello settoriale, privilegiati dagli investitori i comparti più difensivi, con prese di beneficio invece sui tematici (Clean Energy e Battery) che più avevano performato da inizio anno.

MATERIE PRIME

In ambito materie prime, forte rimbalzo dell’argento (+6%), su cui, per alcuni rumors, si sarebbero concentrate attività speculative mentre gli altri metalli preziosi, in realtà, hanno mostrato una variabilità moderata. L’oro, infatti, è rimasto poco variato (-0,4%), appena sotto area 1.850 Dollari l’oncia. Ancora nel range 52-54 Dollari il petrolio, che chiude la settimana praticamente invariato.

MERCATO OBBLIGAZIONARIO

L’asset class obbligazionaria ha sostanzialmente fatto da riflesso a quanto avvenuto sul mercato azionario, con un declino dei rendimenti per buona parte della settimana, in coerenza con una atteggiamento degli investitori di tipo ‘risk-off’.

Da qui, infatti, il ritorno verso area 1% per il rendimento del decennale americano, dopo il top di qualche settimana fa a quota 1,15%-1,20%. In discesa anche il Bund tedesco che ha rappresentato anche stavolta un punto fermo in un contesto di mercato con volatilità in aumento.

A sparigliare un po’ le carte, però, nella zona Euro, sono stati i dati, diffusi venerdì, di Germania, Francia e Spagna in relazione al PIL del quarto trimestre 2020, mostrando una certa resilienza e battendo le stime degli analisti. Più in particolare, il PIL tedesco, nella lettura preliminare, sembrerebbe poter evitare la contrazione per l’ultimo periodo dell’anno scorso, un elemento che va a mitigare un quadro che comunque resta molto incerto anche per i primi trimestre del 2021.

I dati migliori delle attese hanno permesso comunque all’yield del Bund decennale di tornare verso area -0,50% ma mantenendo al contempo una struttura moderatamente rialzista che è in costruzione da inizio novembre. Le medesima considerazioni si possono fare anche per Francia e Spagna: i dati migliori delle attese presumibilmente quindi porteranno per l’intera zona Euro un risultato ‘meno cattivo’ di quanto stimato in precedenza.

Differente invece la situazione per l’Italia (decennale allo 0,64%), che vive anche una fase di notevole incertezza politica, elemento che ha significativamente impattato sui rendimenti dei titoli di stato nelle ultime settimane. Un quadro politico che deve ancora in realtà schiarirsi del tutto e per il quale si attende per la prossima settimana una risoluzione (forse) finale.

Al di là dell’Oceano, l’yield del decennale americano ha chiuso in area 1,07%, con gli investitori molto attenti alle dichiarazioni della Fed, alle prese con il suo primo meeting del 2021. In realtà non sono arrivate differenze significative rispetto al comunicato delle scorso dicembre: conferma del livello dei tassi (0-0,25%), della necessità degli aiuti per l’economia e nessun accenno ad un presunto o possibile tapering da iniziare nel 2021. Powell ha chiarito che, vista l’attuale questione occupazionale, si ha un’economia ancora molto lontana dagli obiettivi attesi sia per il mercato del lavoro, sia per i livelli di inflazione. Con una Federal Reserve così posizionata, difficile quindi pensare a stravolgimenti sul mercato obbligazionario e, probabilmente, anche su quello azionario. In realtà, come ben noto, l’effetto dei livelli bassissimi dei tassi di interesse condiziona entrambe le asset class. Sui diversi segmenti dei bond pochi i movimenti di rilievo se non qualche elemento di debolezza sull’High Yield e sui bond dei paesi emergenti in valuta locale.

MERCATO VALUTARIO

Per quanto riguarda il mercato forex, balzo del Bitcon che tornato in area 30.000 (ma anche su livelli inferiori) ha trovato la forza per un buon rebound dopo le incertezze delle ultime settimana. Trend rilanciato quindi sul breve e quotazioni che sono ancora caratterizzate da ampia volatilità. Il cross Euro Dollaro si muove in laterale dopo la discesa di inizio gennaio, ma mantenendo la struttura primaria rialzista di medio termine.

 

Dott. Alessandro Pazzaglia Consulente Finanziario Autonomo

www. Pazzagliapartners.it      [email protected]




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